Alcuni giorni fa ho letto un post dello sceneggiatore Salvatore Vivenzio (che saluto!) molto critico sugli editori di fumetti che “hanno smesso di fare il proprio lavoro”.
Voglio andare a fondo e scoprire cosa c’è di vero.
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In particolare mi ha colpito una frase di Salvatore.
Sento spesso i colleghi dire frasi del genere, e non sono molto d’accordo. Credo che siano figlie di un enorme equivoco che getta tanto fumo negli occhi anche alle nuove generazioni.
In un certo senso, il rapporto con gli editori non è mai cambiato.
Pensaci un attimo: se non impari a venderti, come convinci l’editore che le tue storie valgono?
Se non sai presentare un pitch o scrivere una proposta di pubblicazione, cosa dice all’editore che la tua storia merita più attenzione di un’altra?
Saper disegnare bene o scrivere una buona storia non è mai stato sufficiente per farsi pubblicare
La capacità di “vendersi” degli autori serviva anche prima di internet, così come serve adesso. Quello che semmai è cambiato, è che prima era una skill facoltativa.
Oggi che viviamo nel mondo iperconnesso, saper comunicare il nostro valore è diventato un requisito essenziale.
Gli editori non hanno fallito, anzi si sono adattati alla grande. Ora lasciano che sia il mercato a forgiare noi autori.
Vogliono dei “fornitori di opere” con una visione del mercato più concreta e meno romanzata, capaci di comprendere e imprendere con loro, piuttosto che consegnare l’opera e aspettare le royalty.
A ben vedere questo succede da tempo anche nel settore dei libri, dove non conta solo il marketing della casa editrice ma anche il modo in cui l’autore si fa sentire e tiene i contatti col suo pubblico e i suoi lettori tra una pubblicazione e l’altra.
Guardando ancora più in là, nel settore del cinema nessuno si scandalizza se gli attori si auto-promuovono tra un film e l’altro e gestiscono attività parallele che non c’entrano con la loro carriera a Hollywood: case di moda, catene di ristoranti, ecc.
Ok, nel cinema girano più soldi ma questo è un altro discorso…
Poi l’editoria italiana ha tanti problemi, chiaro, ma non più che in altri settori dove manca la mentalità imprenditoriale e la voglia di uscire dalla confort zone. E questo vale per gli editori tanto quanto per noi artisti, che appena qualcuno nomina marketing e business ci sale il disagio.
Viviamo nell’era in cui marketing e business sono indispensabili anche a noi artisti, facciamocene una ragione.
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